di Giovanna Fusco
In questo articolo si tratta della giurisdizione attrattiva del foro concorsuale nell’ambito delle procedure di risoluzione della crisi e dell’insolvenza, con particolare riferimento alle azioni revocatorie nei confronti di soggetti stranieri che abbiano beneficiato di atti pregiudizievoli alle ragioni dei creditori. Oltre a delineare l’attuale disciplina che trova la sua fonte primaria nel Regolamento UE 848/2015 ed in altre Direttive UE , ne vengono evidenziate le criticità ed analizzata in breve la proposta di Direttiva del 7.12.2022 nella specifica materia, proposta volta ad uniformare la disciplina che troppo spesso vede trattamenti differenziati in relazione ai singoli Stati membri .
1. La giurisdizione attrattiva del foro concorsuale
La giurisdizione attrattiva del foro concorsuale rappresenta un principio cardine del diritto della crisi di impresa e dell’insolvenza, che assume particolare rilevanza in contesti transnazionali, soprattutto quando sono coinvolti creditori stranieri o azioni revocatorie verso soggetti esteri. Questo principio, sancito in Italia dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), attribuisce al tribunale competente per la procedura concorsuale il potere di conoscere e decidere su tutte le controversie connesse alla crisi dell’impresa, comprese quelle che coinvolgono creditori stranieri o atti revocabili posti in essere all’estero.
In realtà il Codice della Crisi ha dato seguito alla disciplina Regolamentare dell’UE in materia attraverso, dapprima il Regolamento (CE) n. 1346/2000, sostituito successivamente da quello n. 848/2015 e relativo alle procedure d’insolvenza, che ha per l’appunto introdotto il principio della vis attractiva del forum concursus al fine di centralizzare tutte le questioni legate alla crisi d’impresa presso un unico foro e di garantire una gestione coordinata ed efficiente della procedura concorsuale.
Secondo l’articolo 24 del Codice della Crisi d’Impresa, il tribunale competente per la procedura concorsuale ha giurisdizione esclusiva su tutte le controversie che riguardano:
- La validità e l’efficacia degli atti revocatori, compresi quelli posti in essere all’estero;
- I crediti vantati da creditori stranieri, inclusa la verifica e l’ammissione al passivo;
- Le azioni di responsabilità contro gli amministratori o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’impresa.
Questo principio si applica anche quando i creditori stranieri sono residenti o domiciliati in Stati membri dell’Unione Europea o in Paesi terzi, purché la procedura concorsuale sia stata aperta in Italia.
Analogamente l’art. 6 del Regolamento UE 848/2015 , rubricato “Competenza per le azioni che derivano direttamente dalla procedura d’insolvenza e che vi si inseriscono strettamente” stabilisce al comma 1 che:
“1. I giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta una procedura d’insolvenza ai sensi dell’articolo 3 sono competenti a conoscere delle azioni che derivano direttamente dalla procedura e che vi si inseriscono strettamente, come le azioni revocatorie.”
Dunque il principio fissato dal richiamato regolamento è che il foro innanzi al quale è aperta la procedura di insolvenza è competente a conoscere di tutte le azioni che da essa derivano, ivi comprese le azioni revocatorie.
2. Azioni revocatorie verso beneficiari stranieri
Le azioni revocatorie sono strumenti giuridici previsti nel contesto delle procedure di insolvenza (o crisi di impresa) per contrastare atti pregiudizievoli compiuti dal debitore prima dell’apertura della procedura, che possano aver danneggiato i creditori. Queste azioni mirano a recuperare beni o valori sottratti al patrimonio del debitore insolvente, in conseguenza di vantaggi concessi a terzi prima dell’apertura della procedura, ripristinando la par condicio creditorum (uguaglianza di trattamento tra i creditori) o garantendo il miglior realizzo possibile dei beni del debitore .
In altri ordinamenti, gli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori vengono definiti come: “preferences”; “transactions at an undervalue”, e “transactions intentionally disadvantaging creditors”.
Nel contesto del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (introdotto in Italia con il D. Lgs. 14/2019) e del Regolamento (UE) 2015/848 (Regolamento Insolvenza), le azioni revocatorie verso beneficiari stranieri presentano aspetti specifici, soprattutto quando si tratta di procedure transfrontaliere.
Può accadere infatti che le azioni revocatorie debbano essere esercitate anche verso terzi beneficiari stranieri, purché l’atto revocando abbia avuto effetti nel territorio italiano o sia riconosciuto dal diritto italiano. Tuttavia, l’efficacia transfrontaliera dipende dalle norme di diritto internazionale privato e dal Regolamento (UE) 2015/848.
Infatti il regolamento UE 848/2015 da ultimo applicabile prevede all’art. 16 rubricato “Atti pregiudizievoli” che : “L’articolo 7, paragrafo 2, lettera m), (che stabilisce l’applicazione della legge dello stato di apertura della procedura concorsuale e in particolare delle disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori , in virtù del principio di giurisdizione attrattiva ,ndr) non si applica quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prova che:
a) l’atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura, e
b) la legge di tale Stato membro non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo.”.
L’atto, sebbene pregiudizievole alle ragioni dei creditori in base alla lex concursus, resta valido ed efficace al ricorrere dei due presupposti previsti dalla norma:
- chi ha beneficiato dell’atto deve provare che è soggetto alla legge di uno stato membro ( e dunque non di uno Stato terzo) diverso da quello di apertura della procedura;
- e che la legge di tale stato non consenta , nel caso specifico, di impugnare l’atto.
Si tratta di una difesa non rilevabile d’ufficio, bensì solo su eccezione del beneficiario dell’atto. La ratio della norma è da ravvisarsi nell’esigenza di tutelare la certezza delle transazioni e il legittimo affidamento dei terzi sulla validità ed efficacia dell’atto secondo la sua originaria legge regolatrice [1].
Certamente se ad un atto o contratto, concluso sotto la vigenza della legge di un paese diverso da quello in cui è aperta la procedura concorsuale, dovesse trovare applicazione la lex concursus, verrebbe leso il diritto del contraente di aver fatto affidamento sulla validità ed efficacia dell’atto, disincentivando così le transazioni transfrontaliere .
Per stabilire quale sia la legge regolatrice soccorre il diritto internazionale privato, e laddove si tratti di contratti , la Convenzione di Roma del 19.6.1980. Ad ogni modo qualsiasi norma di uno Stato membro che neghi l’impugnazione dell’atto potrà paralizzarne gli effetti e dunque non solo le norme in materia di crisi di impresa e di insolvenza ma anche quelle che regolano, ad esempio, i contratti in generale.
La norma di cui all’art. 16 del Regolamento UE 848/2015 ha determinato spesso la prevalenza, nelle azioni revocatorie transfrontaliere, di normative interne ai singoli stati membri con effetti protettivi nei confronti degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori, con conseguente riduzione delle probabilità di successo delle azioni revocatorie transfrontaliere .
Tuttavia in occasione della modifica del Regolamento UE 1346/2000, che ha dato vita al Regolamento 848/2015, è stato ritenuto opportuno non intervenire con una modifica della disciplina delle azioni revocatorie transfrontaliere , “in considerazione del fatto che la possibilità, in controversie internazionali, di applicare più di una normativa di riferimento non è inusuale e non comporta difficoltà insormontabili ; e che l’art. 3 del Regolamento Roma ( Convenzione di Roma 19.6.1980 ndr) sancisce espressamente il diritto delle parti di scegliere la legge applicabile ad un contratto, non potendosi la scelta di una determinata legge ritenersi invalida perché impedisce o rende difficile l’esercizio di azioni revocatorie”[2] .
Va comunque considerato che il legislatore europeo, evidentemente al fine di garantire certezza alle transazioni transazionali, ha spesso adottato una politica protettiva nei confronti di atti potenzialmente pregiudizievoli delle ragioni dei creditori ma ricorrenti nei rapporti commerciali transnazionali ; infatti tra le varie disposizioni ritroviamo:
- L’art. 7 della Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, sul regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, dispone che una procedura d’insolvenza non produce effetti retroattivi sui diritti e sugli obblighi di un partecipante derivanti da o connessi con la sua partecipazione ad un sistema prima del momento di apertura della procedura stessa ;
- L’art. 8 della Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6giugno 2002, sui contratti di garanzia finanziaria per il quale :“Gli Stati membri garantiscono che un contratto di garanzia finanziaria, nonché la fornitura della garanzia finanziaria in virtù di tale contratto, non possano essere dichiarati nulli, annullabili o essere resi inefficaci soltanto in base al fatto che il contratto di garanzia finanziaria è stato perfezionato, ovvero la garanzia finanziaria è stata fornita:
a) il giorno dell’avvio delle procedure di liquidazione o dei provvedimenti di risanamento, ma anteriormente all’ordinanza o al decreto di avvio;
b) o nel corso di un determinato periodo antecedente all’avvio di tali procedure o provvedimenti e definito in rapporto a tale avvio o in rapporto all’emanazione di un’ordinanza o di un decreto o all’adozione di qualunque altro provvedimento o di qualunque altro evento concomitante con dette procedure o con detti provvedimenti. 2. Gli Stati membri assicurano che, qualora sia stato perfezionato un contratto di garanzia finanziaria o sia sorta un’obbligazione finanziaria garantita, o si sia fornita la garanzia finanziaria alla data delle procedure di liquidazione o dei provvedimenti di risanamento, ma dopo l’avvio di tali procedure, esso è legalmente opponibile ai terzi e vincolante nei confronti di questi ultimi se il beneficiario della garanzia può dimostrare di non essere stato, né di aver potuto essere, a conoscenza dell’avvio di tali procedure.” - gli artt. 17 e 18 della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, sui quadri di ristrutturazione preventiva, rendono esenti, da ultimo, da azioni revocatorie: (i) gli accordi di finanziamento e dei pagamenti effettuati nell’ambito di accordi a sostegno del piano (finanziamento ponte) o nell’attuazione delle misure di ristrutturazione previste dal piano (nuovo finanziamento) ; come pure (ii) le operazioni che sono ragionevoli e immediatamente necessarie per le trattative sul piano di ristrutturazione.
Pur tuttavia le istituzioni europee sono consapevoli della necessità di armonizzare la disciplina delle insolvenze e in particolare delle azioni revocatorie anche al fine di creare un’unica legge applicabile in tutta l’UE ed evitare così il “cd forum shopping”, fenomeno grazie al quale l’imprenditore trasferisce il proprio centro di interessi COMI in un altro stato membro, magari con legislazione più favorevole.
Nell’ottica della maggiore armonizzazione della disciplina relativa alle procedure di insolvenza ed anche allo scopo di assicurare ai creditori le attività dell’imprenditore insolvente, che troppo spesso si disperdono a causa appunto della diversità di regolamentazione degli atti in pregiudizio dei creditori, la Commissione europea ha chiesto ad un gruppo di esperti di formulare una proposta di armonizzazione della disciplina delle azioni revocatorie .
Nasce così una proposta di direttiva pubblicata il 7/12/2023 con la quale nel riconoscere che “le norme in materia di insolvenza sono frammentate a livello nazionale e di conseguenza producono risultati diversi da uno Stato membro all’altro e in particolare presentano diversi gradi di efficienza in termini di tempo necessario per liquidare un’impresa e di valore che può essere recuperato”, si propone di disciplinare in maniera armonica e uniforme le azioni revocatorie transnazionali, sulla base dei seguenti punti che vengono così sintetizzati:
- le azioni revocatorie devono avere ad oggetto atti idonei ad arrecare pregiudizio alla massa dei creditori; al fine di valutare l’esistenza del pregiudizio occorre verificare ,anche attraverso la partecipazione dei creditori, se essi riceverebbero un miglior trattamento senza l’atto pregiudizievole; quindi sembra prevalere il principio del miglior soddisfacimento dei creditori rispetto a quello del pari concorso tra tutti i creditori;
- gli Stati membri sono tenuti a individuare i presupposti specifici per l’esercizio delle azioni ricordate al fine di proteggere le legittime aspettative della controparte del debitore, e a fare in modo che qualsiasi circostanza che interferisca con la validità o l’eseguibilità di un atto giuridico tenga conto: di come l’atto è stato concluso; della intenzione del debitore, della conoscenza da parte della controparte dello stato in cui si trova il debitore; e, infine, del periodo di tempo trascorso tra il perfezionamento dell’atto giuridico e l’avvio della procedura d’insolvenza. Ferma restando la necessità che i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vengano rispettati;
- per le azioni revocatorie che riguardano atti che avvantaggiano un creditore o un gruppo di creditori mediante l’adempimento dei loro crediti o la prestazione di garanzie in loro favore ( cd preferences), viene ristretto il periodo utile a tre mesi antecedenti il deposito della domanda di apertura della procedura ( cd periodo sospetto);
- La proposta di direttiva impone agli Stati membri di prevedere specifici requisiti per le azioni revocatorie relative ad atti privi di corrispettivo o con un valore manifestamente sproporzionato. Rientrano fra tali atti le regalie o altre donazioni di valore non simbolico, come pure gli atti giuridici di valore manifestamente inadeguato rispetto alla prestazione ricevuta dal beneficiario di tali atti;
- La proposta di direttiva impone agli Stati membri di prevedere che gli atti interessati siano stati perfezionati dal debitore nell’anno precedente la presentazione della domanda di apertura della procedura di insolvenza o dopo la presentazione di tale domanda, periodo significativamente più lungo rispetto a quello di tre mesi previsto per le preferences.
Fanno eccezione alla assoggettabilità a revocatoria:
- alcuni atti giuridici posti in essere al fine di sostenere l’attività quotidiana dell’impresa del debitore. Rientrano in questa eccezione gli atti che dovrebbero avere una base contrattuale e richiedere lo scambio diretto delle reciproche prestazioni con valore equivalente e che beneficino la massa dei creditori (e non terzi);
- i pagamenti di cambiali o assegni, alle condizioni indicate dall’art. 6, para 3, primo paragrafo, lett. b; e secondo paragrafo della proposta di direttiva; come pure le sopra ricordate previsioni della Direttiva 98/26/CE in materia di regolamento dei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli; e della Direttiva 2002/47/CE, in materia di sui contratti di garanzia finanziaria (art. 6, primo paragrafo, let. c) e, le disposizioni contenute agli articoli 17 e 18 della direttiva (UE) 2019/1023 (art. 12), che impongono agli Stati membri di considerare esenti da azioni revocatorie, in caso di successiva apertura di una procedura di insolvenza, gli atti attributivi di nuova finanza ovvero di finanza ponte fornita nel tentativo di ristrutturazione del debitore, nell’ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva.
Ancora viene poi proposta la disciplina relativa agli effetti dell’accoglimento delle azioni revocatorie o di inefficacia. In particolare, vengono individuati al terzo capitolo gli effetti generali ; gli effetti per la parte che abbia beneficiato dell’atto giuridico revocato o dichiarato inefficace e, infine, per gli eredi o successori a titolo universale della parte che abbia beneficiato dell’atto giuridico revocato o dichiarato inefficace .
3. Considerazioni finali
Alla luce di quanto sinora trattato, non sembra che la proposta di Direttiva analizzata apporti grosse novità rispetto sia al Regolamento UE 848/2015 sia alla Direttiva 1023/2019 cd. Insolvency, recepita, in Italia , con il Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza nella formulazione entrata in vigore con il Dlgs 17/6/2022 n. 83 e sia, infine, a tutte quelle disposizioni di cui è cenno sopra che in qualche modo salvaguardano alcuni atti frequenti come i pagamenti di cambiali o assegni i contratti di garanzia finanziaria .
Inoltre resta ferma, nella proposta di direttiva, la possibilità per gli Stati membri, limitatamente alle cd. preferences, alle transazioni a valore inferiore e agli atti intenzionalmente in frode ai creditori, di mantenere o adottare norme in materia che forniscono un maggior livello di protezione per i creditori. Tale disposizione rischia di annullare o rendere comunque inefficace il processo di armonizzazione dal momento che non verrebbe disincentivato quel fenomeno di forum shopping di si è fatto cenno innanzi
Appare evidente come ancora una volta il legislatore comunitario mostra una certa ritrosia ad intervenire con una disciplina organica , valida per tutti gli stati membri, relativamente alle azioni revocatorie aventi ad oggetto atti pregiudizievoli per le ragioni dei creditori. Questo limita certamente la fluidità delle transazioni transfrontaliere in quanto il contraente non ha la certezza che il suo atto concluso con un imprenditore , mantenga la sua stabilità anche in occasione dell’apertura di una procedura di insolvenza a carico di quest’ultimo.
In un’economia sempre più globalizzata, il rafforzamento della cooperazione giudiziaria internazionale e l’armonizzazione delle norme in materia di insolvenza transnazionale sono fondamentali per garantire una tutela efficace dei diritti di tutte le parti coinvolte e per promuovere la certezza del diritto nei rapporti commerciali internazionali.
Giovanna Fusco, Avvocato del Foro di Napoli con esperienza di oltre 25 anni nel diritto civile, commerciale nonché della crisi e dell’insolvenza. Iscritta all’Albo dei Gestori della Crisi da Sovraindebitamento presso l’Organismo di Composizione della Crisi del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli. Iscritta all’Albo dei Professionisti Delegati alle vendite nell’ambito delle esecuzioni immobiliari tenuto dal ministero della Giustizia. Fondatrice di Italawyers International. Docente Formatore presso Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei. Autrice del Manuale “ Il Nuovo Diritto della Crisi di impresa e dell’Insolvenza “ Edizioni DirittoPiù.
fuscogio@gmail.com
[1] Patrizia De cesari . Il Nuovo Diritto Fallimentare. Zanichelli Editore 2010, p. 233.
[2]G. Corno in www.DirittoDellaCrisi.it 30.1.2023, p. 5. Ed infatti nella Relazione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato Economico e Sociale Europeo sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza del 12 dicembre 2012, COM(2012) 743 final, la Commissione europea ha osservato come, pur a fronte della difficoltà di tenere conto di più sistemi giuridici per stabilire se un credito possa essere escluso ai sensi dell’art. 13, “tale complessità è necessaria per conseguire risultati adeguati relativamente alle aspettative legittime delle parti. Le soluzioni alternative proposte dalla dottrina, come la semplice protezione contro un cambiamento del centro degli interessi principali, non affronterebbero la questione in modo soddisfacente”. Sul tema si ricorda anche CGUE, sentenza 8 giugno 2017, Vinyls Italia SpA, C-54/16, che ha statuito, fra l’altro, che “l’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 ( oggi art. 16 ndr ) può essere validamente invocato qualora le parti di un contratto, che abbiano sede in uno stesso Stato membro, nel cui territorio sono ubicati anche tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione di cui trattasi, abbiano designato come applicabile a tale contratto la legge di un altro Stato membro, a condizione che dette parti non abbiano scelto tale legge fraudolentemente o abusivamente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.