Effetti della errata individuazione della controparte nel giudizio civile: confronto tra Italia e Germania
Abstract:
Questo contributo analizza, in una prospettiva comparatistica, gli effetti della errata individuazione della controparte nell’atto introduttivo di un giudizio civile ordinario, con riferimento al codice di procedura civile italiano (cod. proc. civ.) e al Zivilprozessordnung tedesco (ZPO).
L’obiettivo è offrire uno strumento di riflessione pratica e operativa per avvocati interessati a comprendere le differenze tra i due sistemi giuridici, attraverso il punto di vista di un avvocato di formazione italiana che osserva il sistema tedesco.
Pur senza ambire a un’esposizione esaustiva, il contributo mira a confrontare le soluzioni adottate dai giudici italiani e tedeschi rispetto a un medesimo problema, evidenziando le differenze normative e interpretative.
1. Premessa metodologica
Per garantire maggiore chiarezza espositiva, e considerata la specificità di ciascun ordinamento giuridico e dei relativi riti processuali, il confronto si concentrerà su ambiti ben definiti.
Per il sistema italiano, l’analisi farà riferimento all’atto di citazione disciplinato dagli artt.163 e ss. cod. proc. civ., ossia all’atto introduttivo del processo civile, rito ordinario, dinanzi al Tribunale. Per il sistema tedesco, il riferimento sarà invece a Klageschrift prevista dal § 253 ZPO, utilizzata per avviare il giudizio ordinario dinanzi agli Amtsgerichten o ai Landgerichten.
Dal punto di vista normativo, entrambi gli ordinamenti (art. 163, co. 2, n. 2 cod. proc. civ. – § 253, abs. 2 nr. 2 ZPO) prevedono l’individuazione delle parti come requisito essenziale dell’atto introduttivo: nell’epigrafe e nella vocatio in iudicium (chiamata in giudizio) dell’atto di citazione, nel Rubrum ne Klageschrift. In assenza di tale indicazione, la domanda sarebbe inammissibile.
Dal punto di vista strutturale, gli atti divergono significativamente e non possono essere comparati, Klageschrift non prevede una citazione diretta del convenuto a un’udienza fissata dall’attore come previsto per l’atto di citazione dall’art. 163 cod. proc. civ.. Sotto questo profilo Klageschrift è strutturalmente più affine al ricorso previsto per il procedimento sommario di cognizione di cui all’art. 281-undecies cod. proc. civ., applicabile ai procedimenti dinanzi al Giudice di Pace, ovvero previsto per il rito del lavoro ai sensi dell’art. 414 cod. proc. civ. Dal punto di vista sostanziale, tuttavia, sussistono numerose differenze anche nel sistema notificatorio, che in Germania è di competenza dell’ufficio giudiziario, mentre in Italia resta un onere della parte anche nel caso del ricorso. Il confronto tra i due ordinamenti si focalizzerà su due ipotesi di errore nell’individuazione della controparte:
- Errore di identificazione formale: Si verifica quando il soggetto indicato nell’atto processuale come controparte non coincide con quello che la parte che ha avviato il giudizio intendeva effettivamente convenire.
- Errore nel merito: si verifica nel caso in cui non vi è corrispondenza tra il soggetto nei cui confronti è proposta la domanda e l’effettivo titolare del rapporto sostanziale. Il tema, in questo caso, attiene al merito della controversia.
In entrambi i casi, saranno messe a confronto le soluzioni adottate dai due sistemi giuridici per farvi fronte e le conseguenze derivanti.
2. Errore di identità formale
E’ ravvisabile un errore di identità formale in tutte quelle ipotesi in cui non vi è coincidenza tra il soggetto indicato nell’atto, come controparte, e quello nei cui confronti chi propone la domanda intendeva azionare il proprio diritto o pretesa.
Il tipico esempio è quello di Sempronio, individuato nell’atto introduttivo formalmente come controparte, sebbene dalla lettura dello stesso si evince che l’attore Tizio intendeva proporre domanda giudiziaria nei confronti di Caio.
La giurisprudenza italiana, in merito all’errata indicazione delle generalità del convenuto nell’atto di citazione e nella relata di notifica, ha elaborato un principio chiave, recentemente confermato dalla Cassazione Civile con l’ordinanza n. 19473/2023, pubblicata il 10 luglio 2023: l’errore sulle generalità del convenuto o dell’appellato, contenuto nella citazione nel giudizio di primo o secondo grado e nelle rispettive relate di notificazione della medesima, non comporta la nullità di nessuno dei due atti, qualora sia possibile identificare con certezza il reale destinatario sulla scorta degli elementi contenuti nella citazione o nella relata.
Più specificamente, ai sensi dell’art. 164, co. 1, cod. proc. civ. la citazione è nulla solo se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti stabiliti dall’art. 163, co. 2, n. 2 cod. proc. civ. relativi alla identificazione delle parti. Non pregiudica la validità di un atto di citazione l’inesatta indicazione del nome del soggetto convenuto nella parte relativa alla “vocatio in iudicium”, se il complessivo contenuto dell’atto e la sua notificazione all’effettivo convenuto rendano evidente che è intervenuto un mero errore materiale. In tal caso, qualora il giudizio risulti correttamente instaurato nei confronti del convenuto effettivo che abbia ricevuto la notifica dell’atto in questione, l’eccezione di nullità della citazione viene rigettata, consentendo al processo di proseguire senza difficoltà nei confronti di quest’ultimo (Cass. Civ., sent. n. 24441/2015; ma già Cass. Civ., sent. n. 16230/2003).
In sostanza, se l’errore non è tale da incidere sulla certezza della controparte e l’atto è stato correttamente notificato a Caio, l’errore sarà trattato alla stregua di una svista e non ci saranno significative conseguenze.
Un principio analogo sembra essere stato elaborato anche dalla giurisprudenza tedesca, la quale, in situazioni analoghe a quella descritta, esclude la configurabilità di un difetto di legittimazione passiva. Piuttosto, riconosce un mero errore nel Rubrum di designazione del convenuto, rettificabile tramite una semplice istanza di correzione dell’intestazione dell’atto (Rubrumsberichtigung), anche nel caso in cui detto atto sia stato notificato erroneamente al convenuto erroneamente individuato. Sul punto, si richiama la significativa decisione della BGH sentenza del 27.11.2007 – X ZR 144/06, confermata dalla successiva giurisprudenza (tra le molte BGH, Sentenza del 5.07.2023 – XII ZB 539/22) che ha sancito il principio secondo cui la parte di un procedimento civile si desume dall’indicazione nell’epigrafe dell’atto introduttivo, che, secondo la giurisprudenza, in quanto atto processuale è generalmente soggetta ad interpretazione. Ciò che conta è il significato da attribuire a questa dichiarazione processuale, valutandone il contenuto oggettivamente dal punto di vista dei destinatari. Pertanto, in caso di indicazione errata o ambigua delle parti, deve essere considerata parte la persona che, secondo un’interpretazione obiettiva, avrebbe dovuto essere coinvolta. Per individuare le parti attraverso l’interpretazione della loro designazione, non si devono considerare solo le informazioni contenute nel Rubrum de Klage, ma anche l’intero contenuto dello stesso, comprese eventuali allegati. A tal riguardo, vale il principio secondo cui l’atto introduttivo del giudizio non può essere invalidato da un’errata indicazione formale della parte, se tali difetti, in considerazione delle circostanze del caso, non lasciano spazio a ragionevoli dubbi sulla reale intenzione. Tale principio si applica anche quando, per errore, viene indicata una persona (fisica o giuridica) effettivamente esistente, purché risulti in modo inequivocabile dal contenuto della memoria introduttiva e dagli allegati quale sia la parte realmente intesa. Ciò che conta, in questo contesto, è il significato della dichiarazione dal punto di vista del tribunale e della controparte, in qualità di destinatari.
Per quel che concerne il criterio di individuazione di un simile errore, l’approccio della giurisprudenza tedesca sembra sovrapponibile a quello della giurisprudenza italiana spostando il focus sull’interpretazione dell’intero contenuto dell’atto.
L’ordinamento tedesco richiede che sia formulata una esplicita istanza di correzione finalizzata a chiarire che la causa non è rivolta contro Sempronio indicato nel Rubrum, ma contro Caio, come risulta dall’intero atto, nei cui confronti prosegue il giudizio senza interruzioni, mentre il Scheinbeklagte (“convenuto erroneamente individuato”) viene escluso dal procedimento.
2.1 Segue nel caso di notifica dell’atto introduttivo al convenuto erroneamente individuato
Ciò chiarito, una rilevante differenza di approccio tra i due ordinamenti sembra ravvisabile nel caso in cui al convenuto, erroneamente individuato, sia stata altrettanto erroneamente notificato l’atto introduttivo.
Per l’ordinamento italiano la notifica dell’atto introduttivo fa sorgere il rapporto processuale anche nei confronti del soggetto erroneamente individuato come convenuto, di conseguenza questi sarà tenuto ad incaricare un avvocato affinchè si faccia chiarezza sul tema.
In teoria, se l’errore è macroscopico l’avvocato incaricato potrebbe contattare l’avvocato della controparte e trovare un soluzione pacifica, ma non sempre questo è possibile.
Spesso la pressione dei termini processuali o l’esigenza di chiarire con certezza la posizione delle parti, ovvero in ipotesi in cui l’errore non è tanto macroscopico, ma necessita comunque di una difesa tecnica, rendono consigliabile la costituzione in giudizio anche del convenuto erroneamente individuato.
Le spese del giudizio, sostenute dal convenuto erroneamente notificato, saranno a carico dell’attore che, per evitare l’aggravarsi delle stesse, è tenuto a rinunciare esplicitamente al contraddittorio nei confronti di quest’ultimo, che resta parte del giudizio fino al provvedimento di estromissione del Tribunale.
L’approccio pratico seguito nel sistema processuale tedesco, sul punto, sembra più flessibile e pragmatico. La giurisprudenza sembra attribuire rilievo alla prospettiva del Scheinbeklagte, sottolineando che, nella maggior parte dei casi, l’errore materiale sia facilmente riconoscibile dalla lettura dell’atto introduttivo. Pertanto, anche nei processi in cui è obbligatoria la difesa tecnica da parte di un avvocato, nel sistema tedesco sembra sufficiente un breve avviso alla controparte o direttamente o al tribunale per ottenere la rettifica del Rubrum.
In sostanza, se il Scheinbeklagte, a cui è stata notificato Klage, ha incaricato un avvocato per tutelare i propri interessi, il legale dovrebbe limitarsi a segnalare l’errore senza svolgere difese in senso tecnico. L’effetto di tale approccio sembra avere conseguenze sul regime delle spese processuali sorte a carico del Scheinbeklagte a cui sia stata erroneamente notificato Klage.
Secondo giurisprudenza tedesca, in simili ipotesi, non trova applicazione il principio del rimborso delle spese processuali di cui § 269, abs. 3 Satz 2, ZPO, previsto nel caso di rinuncia all’azione. Detto principio sarebbe inapplicabile in tutte quelle ipotesi in cui il ricorso ad un avvocato non sia ritenuto strettamente necessario, ad esempio perché il Scheinbeklagte è dotato di un proprio ufficio legale. Al contrario, la disposizione si ritiene applicabile analogicamente alle ipotesi in cui l’errata notificazione de Klage sia dipesa dalle indicazioni poco chiare fornite dalla parte attrice nell’atto di citazione.
In sostanza, l’ordinamento tedesco trova equilibrio consentendo al Scheinbeklagte di chiarie la propria estraneità con una semplice comunicazione, senza necessità di intervenire nel giudizio e quindi di sostenere le relative spese processuali. Al tempo stesso, non è esclusa a priori la necessità di intervenire nel processo. In tale ipotesi, il rimborso delle spese processuali sostenute da al Scheinbeklagte non è scontato, dovendo essere effettuata una valutazione in concreto tra l’esigenza di intervenire nel giudizio e la macroscopicità dell’errore alla luce della interpretazione complessiva dell’atto. Il principio è stato affermato, tra l’altro, da OLG Karlsruhe, Sentenza del 03.06.2019 – 9 W 12/19, chiarendo che chi, in una situazione simile, si inserisce senza giustificato motivo in un procedimento processuale che coinvolge altre parti non necessita di protezione attraverso l’esonero dalle spese processuali (ai sensi del § 269 abs. 3 Satz 2, ZPO). In quel caso, il OLG ha escluso il rimborso delle spese processuali in quanto, nonostante l’incertezza provocata da chi aveva introdotto il giudizio, a cui era conseguita una errata notifica Scheinbeklagte, dalla lettura complessiva dell’atto si evinceva che la controparte del rapporto non poteva essere Scheinbeklagte, oltretutto società estinta da diverso tempo (OLG Karlsruhe, Sentenza del 03.06.2019 – 9 W 12/19).
3. Errore nel merito
Passando alla seconda ipotesi oggetto di esame, tanto nell’ordinamento italiano quanto in quello tedesco, il concetto di legittimazione ad agire e resistere in giudizio si distingue dalla titolarità sostanziale del rapporto giuridico dedotto in giudizio.
La legittimazione ad agire, regolata dal diritto processuale, riguarda il potere di essere parte in un processo. Non importa che, per il diritto sostanziale, il soggetto che ha avviato il giudizio sia l’effettivo titolare del rapporto, ciò che importa, ai fini processuali, è che detto soggetto si ritenga titolare di tale diritto. Analogo discorso vale per la controparte, ossia per il soggetto legittimato a resistere nel giudizio. Tale è colui contro il quale l’attore intende proporre domanda giudiziaria sul presupposto che trattasi del soggetto titolare dell’obbligo o di altro rapporto giuridico nei suoi confronti. Se, all’esito del giudizio, la tesi dell’attore dovesse risultare corretta nel merito, la domanda sarà accolta, in caso contrario sarà rigettata. La titolarità sostanziale del diritto o obbligo dedotto in giudizio, disciplinata dal diritto materiale, dunque, è un elemento da accertare nel merito.
Il caso di cui si discute in questa sede è quello in cui Tizio ha proposto domanda nei confronti di Caio, correttamente individuato nell’atto introduttivo, sebbene sulla base della situazione concreta il rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio fosse riconducibile a Sempronio.
In queste ipotesi, non può parlarsi di errore materiale poichè la volontà di Tizio era quella di agire verso Caio, ma trattasi di un profilo sostanziale.
Situazioni simili sono molto comuni in occasione di complesse operazioni societarie, specie in ambito bancario ed assicurativo, nelle quali, a fronte di fusioni, scissioni e/o cessioni di rami di azienda, l’individuazione del convenuto potrebbe risultare poco agevole anche per gli operatori del diritto.
La soluzione offerta dagli ordinamenti italiano e tedesco, dipende molto dalla fase del procedimento in cui Tizio prende consapevolezza del proprio errore, dalla tipologia della controversia, dal rito, dalla natura del rapporto dedotto e gli effetti che una eventuale modifica del soggetto, ritenuto titolare dello stessa, potrebbe avere rispetto all’oggetto della domanda giudiziaria già proposta.
In questa sede, non potendo considerare la varietà di ipotesi verificabili nella pratica, ci si limiterà a delle considerazioni di carattere generale.
3.1 Nel sistema processuale italiano
Immaginiamo che Tizio citi in giudizio Caio per il risarcimento del danno, sul presupposto che quest’ultimo sia il responsabile. La citazione viene regolarmente citata a Caio. Tuttavia, Caio si costituisce in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto il rapporto giuridico sostanziale è di titolarità di un soggetto diverso Sempronio.
Tizio, anche alla luce della difesa di Caio, si accorge di aver errato e che avrebbe dovuto avviare il giudizio direttamente nei confronti di Sempronio, l’ordinamento processuale italiano lascia poco margine di correzione.
La modifica di una delle parti processuali, anche se i fatti sottesi al procedimento restano identici, comporta per l’ordinamento italiano una modifica sostanziale dalle domanda giudiziaria, cosiddetta mutatio libelli. Detta modifica è ammissibile entro termini processuali molto ristretti, nel caso dell’attore non oltre le prime memorie di cui all’art. 171-ter cod. proc. civ., precedenti la prima udienza. In ogni caso, essa subordinata all’autorizzazione da parte del giudice, che deve verificare se l’esigenza difensiva sia effettivamente sorta in conseguenza delle argomentazioni della controparte.
Nel caso si riesca a chiamare in causa il terzo, resta il rischio del moltiplicarsi della condanna alle spese di lite nel caso di rigetto della domanda. Un alternativa per evitare l’aggravio di spese potrebbe essere di abbandonare il giudizio ovvero rinunciarvi quantomeno nei confronti del soggetto erroneamente coinvolto, se il giudice autorizza la chiamata del terzo, ma in entrambi i casi è necessario il consenso della controparte, eventualmente già costituita in giudizio, e un accordo in merito alla regolazione delle spese processuali che, in diversa ipotesi, resterebbero comunque a carico dal rinunciante. Sotto altro profilo, l’abbandono del giudizio ovvero la rinuncia all’azione potrebbe avere effetti sostanziali nel caso in cui fossero intervenute eventuali decadenze o prescrizioni del diritto o pretesa azionata nel processo erroneamente istaurato.
Resta, infine, la possibilità per il giudice di ordinare d’ufficio l’intervento del terzo ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ., laddove ritenga sussistenti i presupposti. Detto provvedimento, sulla base di quanto previsto dall’attuale codice di rito, può essere adottato in occasione delle verifiche preliminari ex art. 171-bis cod. proc. civ..
Al di fuori di queste ipotesi, tuttavia, non sembra ammissibile una modifica della domanda giudiziaria finalizzata a correggere l’individuazione della controparte in caso di un errore sostanziale nella sua identificazione.
3.2 Nel sistema processuale tedesco
La soluzione offerta dal sistema processuale tedesco sembra essere più favorevole alla correzione dell’errore nel merito.
Se Tizio si accorge della mancanza di legittimazione passiva (fehlende Passivlegitimation) di Caio, volontariamente citato in giudizio, in teoria può modificare la domanda, nella forma di un cambiamento di parte (Parteiwechsel), ma molto dipende dalla fase in cui si trova il giudizio e dagli effetti che, nel merito, ha il mutamento della titolarità del rapporto sull’oggetto del contendere.
Sulla base del combinato disposto §§ 263, 264, 267, 269 I ZPO, Tizio, resosi conto dell’errore prima dell’udienza, può rinunciare alla domanda proposta nei confronti di Caio, soggetto sostanzialmente estraneo al rapporto giuridico dedotto nel giudizio. In questo caso, Caio ha diritto ad essere escluso dal processo e ad ottenere il rimborso delle spese processuali § 269 abs. 3 ZPO.
Nel caso la rinuncia abbia luogo dopo l’udienza, è necessario il consenso di Caio che, se aderisce è escluso dal giudizio con rimborso delle spese processuali, se non aderisce, il giudizi prosegue nei suoi confronti.
In questo caso, il giudice può comunque ritenere necessario il coinvolgimento di Sempronio qualora sia utile per la soluzione del caso (§ 263 ZPO), a condizione che la modifica non incida sul fatto sostanziale dedotto in giudizio e cambi solo l’identità delle parti. Se, invece, non solo le parti ma anche il fatto sostanziale differiscono, è necessario avviare una nuova causa.
In sintesi, il sistema processuale tedesco sembra lasciare un maggior margine di errore, anche nel caso di confusione sulla titolarità del diritto sostanziale, valorizzando il principio di economia processuale ed efficienza del processo. In tal modo, sembra essere consentita la modifica della controparte nel corso del processo anche dopo l’udienza, quantomeno nelle ipotesi di identità sostanziale dei fatti sottesi al giudizio, garantendo tutela alle parti coinvolte ingiustamente, che hanno diritto al rimborso delle spese processuali, nonché quello di essere estromessi dal giudizio rispetto al quale risultano estranei nel merito.
Conclusioni
Dall’analisi comparativa tra l’ordinamento italiano e quello tedesco in tema di errata designazione della controparte emergono significative differenze, ma anche alcune analogie, soprattutto rispetto all’approccio adottato nei confronti dell’errore nella designazione della parte convenuta.
L’ordinamento italiano appare più rigido, richiedendo che eventuali modifiche della domanda giudiziaria o delle parti avvengano entro termini processuali strettissimi e subordinandole all’autorizzazione del giudice. Questo approccio mira a preservare la stabilità del processo, ma spesso si traduce in una scarsa flessibilità per l’attore, il quale rischia di vedere vanificate le proprie pretese per errori iniziali, anche se in buona fede.
L’ordinamento tedesco, invece, adotta un approccio più orientato all’equità e all’efficienza del processo, consentendo modifiche delle parti anche durante il processo, purché il fatto sostanziale dedotto in giudizio rimanga invariato. La possibilità di correggere l’errore mediante il cambio di parte (Parteiwechsel) riflette una maggiore attenzione alla tutela del diritto sostanziale, pur bilanciando tale esigenza con la protezione delle parti coinvolte ingiustamente, attraverso il rimborso delle spese processuali e l’esclusione dal giudizio.
In definitiva, mentre il sistema italiano si concentra sulla rigidità delle regole processuali, quello tedesco dimostra un maggiore grado di flessibilità, accogliendo soluzioni che garantiscono il principio di economia processuale senza sacrificare i diritti delle parti. Tale confronto evidenzia come un approccio equilibrato, che consideri sia l’efficienza del processo sia la possibilità di rettificare errori commessi in buona fede, possa rappresentare un modello da perseguire per contemperare le esigenze di stabilità e giustizia.